Educazione e accoglienza
Sintesi del gruppo di lavoro del Consiglio Pastorale
(13 ottobre 2006)
si tratta di alcuni atteggiamenti che ci possono aiutare a vivere un rapporto evangelico e aperto con quanti si avvicinano alla vita parrocchiale e alla fede.
Credo possa essere un impegno che tutti assumiamo, insieme agli educatori e ai catechisti, oltre a precisare le modalità del cammino per i genitori che chiedono il battesimo per i loro figli, come mantenere: i rapporti con le famiglie che hanno battezzato i bimbi , continuare la ricerca per individuare il percorso più adatto ai bimbi del catechismo (catecumenato) consolidare la proposta ai fidanzati.
Sentiamo di doverci mettere in un’ottica che tiene conto del fatto che la stragrande maggioranza delle persone del quartiere fa un esperienza di Dio limitata, condizionata da fatti culturali, dall’educazione ricevuta, dalla tradizione, dalle abitudini…(pre-evangelizzazione).
Quali atteggiamenti la comunità, e in particolare educatori e catechisti, debbono assumere per favorire una maturazione nell’esperienzadi fede delle persone che si accostano alla parrocchia chiedendo per esempio il sacramento per i propri figli
Ne individuiamo alcuni raccogliendoli attorno a tre attenzioni:
1. Favorire l’incontro
Studiare le dinamiche dell’incontro affinché l’incontro sia efficace. Per esempio:
- Riconoscere, valorizzare e partire dall’esigenze profonde dell’altro.
- Aiutare a porsi domande, per superare le superficialità.
- Servirsi di qualcosa che può favorire l’incontro e la comunicazione (per esempio l’arte o la poesia che esprimono le realtà profonde dell’animo umano)
Qualcuno deve iniziare questo studio e offrirlo agli altri.
Educatori e catechisti hanno già esperienze in atto che potrebbero essere un grande patrimonio da valorizzare.
2. Allenarsi a vivere atteggiamenti famigliari sia verso genitori, sia verso bimbi e giovani
Presupposto: l’altro non è un lontano, ma vicino. È già stato salvato da Gesù e perciò fa parte di me. Per questo non è possibile giudicare la fede, posso solo assumere atteggiamenti che favoriscono la relazione e la comunione.
- farsi guidare dalla domanda: se fosse casa mia cosa farei? E perciò improntare scelte e rapporti con lo stile familiare dell’ospitalità (perciò curare e ordinare gli ambienti: si tratta di accogliere Dio nel fratello)
- dare il senso dell’accoglienza, non ponendosi nell’atteggiamento di dover dare subito una soluzione, ma nella disposizione a camminare insieme verso la Verità, cercando di suscitare domande profonde.
- uscire, perciò dal “ruolo”, dalla posizione di uno che deve insegnare, per passare all’accompagnamento (che richiede una attenzione e una relazione personale);
- favorire il senso della ricerca: …non mi accontento, posso sempre imparare a fare meglio;
- dare il senso di un cammino non isolato, ma dentro una storia che mi precede, che ha delle tappe, che anch’io oggi costruisco con un apporto specifico e originale (recuperare il senso del narrare e del trasmettere, che aiuta anche ad imparare e ad ascoltare )
- proprio perché siamo in cammino e camminiamo insieme non sottolineare ciò che i bimbi o i genitori non sanno (ad esempio dell’esperienza religiosa), perché quello che sanno è tutto quanto possibile (nella loro situazione) hanno potuto fare e conoscere, ma partire da quello che c’è, anche se è un seme di Verità, per costruire su di esso e farlo maturare. (infierire sui bimbi per ciò che non sanno, far sentire i genitori carenti e in colpa per ciò che non fanno… li “inchioda” nel loro limite, li blocca, non possono procedere né sono facilitati a dare fiducia a chi potrebbe aiutarli. Si instaura un rapporto basato sul “dovere” sulla tradizione religiosa “subita”, ma finito i sacramenti…i rapporti non restano).
- nell’ottica del camminare insieme a noi è chiesto di: – valorizzare il buono, il bello, le potenzialità che ci sono nell’altro (occorre un impegno nella conoscenza personale). – farsi carico, portare il limite dell’altro come ha fatto Gesù che sulla Croce assume in sé il peccato nostro.
- nel rapporto educativo sono io il responsabile dell’altro. Tocca a me fare il primo passo per “valorizzare e portare” e trovare tutti i modi che la carità suggerisce per allacciare rapporti e maturare conoscenza (saluto, interessamento ecc.)
- far capire che ci interessano le persone, i bimbi, i genitori, ma che restano liberi.
Non vogliamo convincere per forza, aggregare forzatamente né pensare male se nella libertà decidono di fare diversamente da quanto proposto da noi.
3. Attenzioni particolari per educatori e catechisti
- Ricordare che non solo ciò che dico (il contenuto) deve essere “vero” per aiutare la persona a crescere, ma che il “come” dico, i gesti che faccio, le posizioni che assumo esprimono se credo ciò che ho detto e se lo vivo.
- Ricordare che attraverso di me passa l’esperienza di Dio per l’altro, la sua idea ed esperienza di Chiesa e parrocchia, la continuazione della storia di salvezza, la costruzione del Regno.
Il rapporto con l’altro non è mai stato solo un fatto privato e personale.
Lo stesso si può dire delle associazioni e movimenti, che non si possono pensare come “isole” dentro un territorio grande, ma “stelle” di una stessa costellazione. Deve risplendere la costellazione e in essa ogni stella è essenziale.
- dimostrare stima e apprezzamento nei confronti degli altri educatori/catechisti e delle atre esperienze di fede (crf. “costellazione”: senza stima reciproca la costellazione si spegne, ma anch’io sparisco)…
perciò:
- trovare il modo per condividere le scelte comunitarie fatte (superando l’individualismo, anche di gruppo) individuando vie di comunicazione (per passare l’uno all’altro idee ed esperienze)
ascoltando, valorizzando e accogliendo in me (o nel mio gruppo) quanto l’altro (o il gruppo) sta facendo e va al di là degli interessi che mi sono già dato (=apertura di mente e di cuore, che permette una certa “trasversalità” del cammino)
Ognuno è un “originale prezioso” da pensarsi a vivere dentro una famiglia/parrocchia più grande, fatta di tanti “originali/preziosi” chiamati a essere e costruire “famiglia”.